In uno degli ultimi articoli ho citato Starbucks come esempio virtuoso di identità visual. E oggi ecco un nuovo spunto per parlare della storica coffee company di Seattle.
Ecco, iniziamo da una domanda: cosa è Starbucks? Un bar? Una caffetteria? Un luogo di ristoro? Da sempre Starbucks ha legato il suo brand non solo a un concetto alimentare, ma a uno stile di vita. Proprio così: Starbucks non vende caffè ma uno status symbol.
Camminare per strada con un bicchiere Starbucks è un po’ come indossare le cuffie della Apple, vuol dire gridare al mondo “ehi, io sono un cittadino del mondo e rinforzo il mio profilo cosmopolita bevendo frappuccino”.
Ma Starbucks è anche luogo fisico. Un luogo dove puoi trascorrere ore insieme al tuo laptop: wi-fi gratis, bicchiere sempre pieno, comode poltrone. Puoi trascorri lunghe ore a scrivere, studiare, organizzare presentazioni.
Starbucks come semplice passaggio?
Anche luogo di vita, luogo pieno di esperienze e sentimenti, non solo stazione di attesa prima di prendere un treno o un aereo. Questo è il messaggio che ho letto nel nuovo capolavoro di storytelling firmato Starbucks.
Parlo di un video caricato su Youtube (meetme.starbucks.com). Milioni di persone si incontrano da Starbucks, ma non solo per prendere il caffè: questo è il messaggio principale del video, questa è la sintesi.
Come veicola questo messaggio? Attraverso delle storie. Storie individuali che appaiono nella timeline come delle curve, delle deviazioni. Il progetto è questo: lo scorrimento principale del video è orizzontale, preciso, diretto. Le deviazioni rappresentano le storie, gli episodi di vita che si intrecciano in qualche modo con Starbucks.
Noi andiamo avanti
Ma intorno a noi si muovono storie tristi e allegre: intorno a noi c’è la vita, e un luogo come Starbucks è un contenitore di storie. Ovviamente ogni bar, ogni ristorante, ogni stazione può essere un contenitore di storie, ma con questo video Starbucks ha voluto mettere l’accento su questa sua caratteristica.
Con questo video Starbucks sta tentando di abbandonare la sua etichetta di non-luogo, di punto di incontro fugace dove le persone si ritrovano prima di andare a casa, a lavoro, dai propri cari.
Secondo te questa è la strada giusta?