by Danilo Polidori | 29 Oct 2014 | Eccellenze digitali Italiane |
Quando lavori nel settore Social Media Marketing devi muoverti a 360 gradi perché non c’è un’unica piattaforma da seguire: ce ne sono mille e ognuna può darti una mano in un modo differente, ognuna può essere fondamentale per raggiungere determinati scopi. Certo, ci sono delle differenze. Non tutti i social hanno lo stesso peso. Uno però è quasi sempre presente nelle strategie social di un’azienda: Facebook. Per questo c’è una continua specializzazione in questo settore, per questo non puoi permetterti di puntare su una gestione mediocre della tua pagina Facebook. Le aziende lo stanno (piano, piano) capendo: meno nipoti tuttofare, più professionisti come Veronica Gentili, protagonista della nostra intervista settimanale. Chi sei e di cosa ti occupi? Veronica Gentili, Web e Social Media Specialist: mi occupo di rendere la Rete in generale ed i Social Network in particolare una concreta opportunità di business e di crescita per brand, enti, persone e associazioni. Come hai iniziato a lavorare nel SMM? Ho sempre avuto una grande passione per la Rete e i Social Network fin da quando avevo 13 anni; mi affascinavano gli orizzonti che disegnavano questi nuovi ambienti, come cambiavano le modalità relazionali e di espressione delle persone, il mondo di possibilità che aprivano. Arrivata a 23 mi sono detta: “Perché non coniugare la passione per il Web con l’altra mia grande passione, il marketing e la comunicazione?” Così è iniziato tutto. Meglio Freelance o agenzia? Hanno entrambi i loro pro e i suoi contro: come freelance hai la possibilità di gestirti come vuoi il lavoro, le collaborazioni, i tempi e gran parte di ciò che fai è legato alla tua attività di...
by Riccardo Esposito | 27 Oct 2014 | Content Marketing |
C’è un problema sostanziale nel lavoro che molte aziende fanno con il branded content: valutano questa occasione, questa nuova frontiera della comunicazione, come una semplice opera pubblicitaria. Pensano di sfruttare questi contenuti come comunicati stampa, o forse come article marketing. In realtà il branded content deve seguire una regola semplice. Semplicissima. Ma al tempo stesso articolata per chi non vuole abbandonare una logica vecchio stampo: branded content non vuol dire pubblicità. Basta interruzioni pubblicitarie Tu paghi per pubblicare un contenuto, ma in realtà non pubblicizzi un bene o un servizio, e non entri in casa delle persone (in questo caso nel feed o sulle bacheche Facebook) per dire “Compra questo prodotto”. Leggi le parole di Jon Steinberg, presidente di Buzzfeed, uno dei portali più famosi nel settore di branded content: We would never run a piece of advertising like, ” Buy this stuff now for $ 9. ” We do not do what I call ” shouts in a vacuum . ” It has to be about a message . There Has to be reciprocity. The brand Has to give some content or something of interest in exchange for a little bit of attention. Chiaro? Non troverai mai sul sito qualcosa che somigli alla vecchia pubblicità. C’è bisogno di reciprocità, di scambio equo: vuoi l’attenzione del lettore, del potenziale cliente? Perfetto, devi dare qualcosa. Devi dare un contenuto che possa attirare l’attenzione. La linea di Buzzfeed: storytelling D’altro canto Buzzfeed è una delle realtà più lungimiranti nel settore del branded content, tanto da iniziare il Social Storytelling Creator Program. Ovvero un programma per formare le agenzie che vogliono collaborare con...
by Riccardo Esposito | 23 Oct 2014 | MediaBuzz Blog |
Siamo abituati a legare il concetto di digital divide a luoghi lontani dal centro del potere: il digitale definisce l’economia, la nuova economia, ma anche il flusso di informazione. C’è chi ha le notizie giuste per affrontare il mondo contemporaneo – per decifrare l’economia, la società – e chi no. La possibilità di accedere a queste informazioni definisce la qualità della vita di un popolo: il passaggio di informazione è potere, un potere sempre più incisivo. Quindi il digital divide come qualcosa legato a luoghi e popoli diversi. Bene questa idea è deformata (guarda caso) da una conoscenza errata, distorta della reale condizione della banda larga in Italia. Ovvero di quella tecnologia che permette di caricare e scaricare informazioni via Internet in tempi rapidi. Un tempo c’era il modem a 56k ed era difficile lavorare: oggi l’ADSL, che viaggia sempre attraverso il doppino telefonico ma permette di ridurre i tempi in modo drastico. Il problema è che in Italia la diffusione (non solo tecnologica) della banda larga è ancora in estremo ritardo. Un po’ di chiarezza Cosa intendiamo esattamente per banda larga? Secondo Wikipedia, vengono etichettate in tal modo connessioni a velocità anche molto diverse (2Mbit/s, 4 Mbit/s, 8Mbit/s), ma di solito tutte sopra il Mbit/s. Ancora una precisazione: Il Telecommunication Standardization Sector dell’ITU ha definito la banda larga come una capacità trasmissiva maggiore del primary rate ISDN, cioè 1.5 (negli USA) o 2 Mbit/s in Europa L’Europa si dirige velocemente verso una banda larga di seconda generazione, ma l’Italia rimane fanalino di coda. I dati sono poco rassicuranti: solo il 18% degli abbonati italiani può usufruire di una connessione di...
by Danilo Polidori | 21 Oct 2014 | Eccellenze digitali Italiane |
Ci sono delle competenze che non puoi definire dal nulla: ci sono esperienze che nascono dai chilometri percorsi, dalle battaglie vinte e da quelle perse. Questo vale anche per chi lavora nel mondo del web marketing, e in particolar modo in quello della SEO. Il motivo? Forse perché si ragiona in termini di sfida: ho un progetto, ho un obiettivo e devo fare di tutto per ottenere il risultato. Con qualsiasi mezzo. Ecco perché oggi abbiamo deciso di intervistare Ivano Di Biasi, CEO di Seo Cube e ideatore di un software che può fare la differenza. Chi sei e di cosa ti occupi Le persone che ho conosciuto negli ultimi anni direbbero sicuramente che sono un SEO, ma devo dire che l’ottimizzazione per i motori di ricerca è solo una passione abbastanza recente in cui ho avuto la fortuna o il merito di riscuotere un notevole successo. Ad oggi gestisco con il mio socio, Giuseppe Liguori, una delle più belle realtà italiane nel settore dell’inbound marketing organizzando qualsiasi aspetto dalla realizzazione di siti web alla SEO, link building, content marketing e campagne social. Come hai iniziato la tua attività? La mia attività è iniziata nel 1999 con la RYHAB Solutions, la mia prima azienda, nata per sviluppare videogame e applicazioni di realtà virtuale ma poi abbiamo cambiato strada per svariati motivi, anche se a dire il vero non vedo l’ora che mi arrivino gli Oculus Rift che ho ordinato un paio di mesi fa. Se vogliamo invece essere precisi e parlare di come sia iniziata la mia attività odierna, quella nel mondo della SEO, dobbiamo tornare al 2007 quando il mio...
by Riccardo Esposito | 20 Oct 2014 | Social Marketing |
Forse lo conosci, forse no: si chiama Ello, ed è una nuova piattaforma social. Ricorda vagamente Facebook perché ha una bacheca sulla quale puoi pubblicare degli aggiornamenti (testo, immagini), ma al tempo stesso prende le sembianze del microblog. Ecco, in alcuni casi ricorda Tumblr. Il motivo è semplice: alla base c’è una community con la quale condividere aggiornamenti, idee, pensieri ed opinioni. Ma ci sono anche gli strumenti tipici di un blog: puoi scrivere post più articolati di Facebook, formattati con cura e con anchor text per i link. Anche l’estetica si collega a quella di un blog: testata con immagine personalizzabile, barra laterale con gli amici e i comandi, area centrale dedicata agli aggiornamenti… Basta nuovi social In realtà, parere personale, c’è poco spazio per un altro social. Per quanto possa essere valido e interessante, Ello deve rispondere a una domanda ben precisa: cosa può aggiungere allo scenario già avviato? E deve rispondere a questa domanda da un punto di vista individuale e da quello aziendale: c’è chi investe tempo nei social e i vantaggi devono essere chiari. Certo, Ello è il social senza pubblicità. Questo è un punto a favore rispetto a Facebook. E permette di far nascere interazioni nei post che pubblichi (sì, ci sono i commenti e no, non c’è un tasto mi piace o simile): personalmente lo vedo adatto per chi vuole raccogliere una community, un gruppo di persone motivato a interagire, in una realtà che non sia Facebook e Twitter. Ad esempio un’azienda potrebbe usare Ello per intavolare discussioni con i clienti affezionati. Non per comunicare notizie (per quello c’è Twitter) o per promuovere sconti...
by Riccardo Esposito | 17 Oct 2014 | Social Business |
In Italia c’è ancora tanta strada da fare per poter aprire la strada alla digital economy. Certo, i segnali ci sono. Ci sono soprattutto le influenze che arrivano dall’Europa, dagli Stati Uniti d’America. C’è anche un ampio miglioramento degli acquisti online, uno degli scalini più difficili da superare. Convincere una popolazione da sempre abituata a guardare e toccare prima di acquistare. Non hai più bisogno della bottega, ma solo della carta di credito: il negozio online è sempre aperto, le luci sono sempre accese. Puoi acquistare dal cellulare, sul divano di casa, prima di andare a dormire. E anche gli italiani hanno superato il timore dell’acquisto online. Merito anche (e soprattutto) delle aziende che hanno saputo conquistare la fiducia dei consumatori: hanno fornito un’assistenza clienti perfetta, un customer care online e offline capace di soddisfare ogni dubbio e incertezza. E poi ci sono i rimborsi e i resi: sono importanti, soprattutto nel settore dell’abbigliamento. La strada non è stata facile perché le abitudini sono difficili da superare, ma questo percorso ha portato il settore e-commerce a gestire una fetta di economia pari a 13,2 miliardi di euro. Questi dati sono interessanti anche perché confermano una grande importanza della digital economy, e una crescita del mobile commerce: gli italiani acquistano online, fanno spese pazze e le fanno soprattutto dal telefonino. Le parole di Repubblica (link sopra) sono importanti: Gli acquisti tramite smartphone sono infatti cresciuti del 289% nel 2013 e stanno registrando un’ulteriore crescita dell’85% nel 2014, passando così in due anni da un valore di 164 milioni a 1,2 miliardi di euro. Una crescita significativa che comunque resta fanalino di coda rispetto...
by Riccardo Esposito | 15 Oct 2014 | Strategie di Marketing |
Si parla molto di storytelling, di narrazione adattata ai nuovi canoni del web e della comunicazione in generale. Si parla ancora di più di storytelling definito intorno alle esigenze aziendali. Il motivo? Semplice: le aziende hanno bisogni di raccontarsi, vogliono raccontarsi. Vogliono perdere il tratto opaco e monolitico del mondo corporate e vogliono raggiungere il pubblico, vogliono sfruttare la forza dei codici narrativi per toccare le corde giuste del target. Vogliono giocare sulle emozioni. Vogliono emozionare e informare. E vogliono farlo nel modo migliore possibile: lontano dalle logiche delle aziende – logiche che andrebbero avanti a colpi di comunicati stampa asettici – e vicine a quelle del potenziale cliente. Gli esseri umani amano le storie. Hanno comunicato sapere per anni attraverso le storie ed è ancora possibile farlo. Ma soprattutto le aziende possono sfruttare queste tecniche e piegare la narrazione per raggiungere gli obiettivi aziendali. Ecco cinque aziende che hanno colto perfettamente il senso dello storytelling. 1. Lego Movie Conosci i Lego, vero? Bene, lo storico brand di costruzioni non solo è riuscito ad appassionale diverse fasce di età (i Lego non sono solo un gioco per bambini), ma ha collezionato quello che viene definito come un caso di storytelling perfetto. La Lego, infatti, ha prodotto un vero e proprio film che ha come protagonisti i personaggi delle costruzioni: i classici omini gialli, tutti uguali se non per il taglio dei capelli e l’abbigliamento, affrontano le avventure della vita quotidiana. E alla fine della pellicola il messaggio è chiaro: adesso tocca a te, compra una nuova confezione Lego e costruisci la tua storia. 2. Uk energy consumption guide In...
by Danilo Polidori | 13 Oct 2014 | Eccellenze digitali Italiane |
Cosa significa oggi lavorare sul web? Cosa significa acquisire le competenze necessarie per operare in un settore come quello del marketing che passa attraverso le maglie di Facebook, Twitter, Google Plus e i vari motori di ricerca? Basta fare SEO? Basta fare Native Advertising? Oppure dobbiamo puntare sull’inbound marketing, ovvero su quella forma di pubblicità che tende a creare contenuti interessanti che si facciano trovare da una determinata nicchia? La conversazione è interessante: la parola a Dario Ciracì. Chi sei e di cosa ti occupi? Mi chiamo Dario Ciracì, ho 31 anni e mi occupo principalmente di sviluppare e seguire strategicamente e operativamente progetti di web marketing che abbiano l’obiettivo di aumentare la visibilità organica di un brand nel web. Le mie aree operative sono quindi principalmente Social Media, SEO e Content Marketing, attraverso le quali, assieme al mio team, sviluppo la brand awareness e identity e la visibilità organica nei motori di ricerca sia di aziende sconosciute, che di aziende già note. Come hai iniziato? Ho iniziato ad avvicinarmi a questo mondo nel 2008. I miei studi in Economia e Marketing mi hanno dato le basi che poi mi sono state utile per approcciare e comprendere in modo veloce l’utilizzo dei Social Media nei processi di marketing delle aziende. I miei studi mi hanno spinto inoltre a sviluppare un brand che rappresentasse la mia stessa attività, cosa che ho perseguito con Webinfermento. Successivamente ho scoperto la stessa passione anche per i motori di ricerca, prediligendo sempre strategie del tutto naturali e legate all’inbound marketing e allo sviluppo e crescita del brand, piuttosto che forzature innaturali spesso sotto i riflettori...
by Riccardo Esposito | 10 Oct 2014 | Content Marketing |
Hai creato una strategia dedicata ai contenuti. Hai pubblicato un blog, hai creato articoli capaci di attirare l’attenzione del lettore, hai impiegato le tue forze per pubblicare delle infografiche e dei video. Adesso devi solo aspettare i frutti. Frutti che non arrivano. Non arrivano perché hai lavorato male? I contenuti sono scadenti? No, forse c’è una gestione poco attenta del lavoro. Per ottenere il massimo dai tuoi contenuti devi lavorare sodo prima, durante e dopo la creazione. Altrimenti i tuoi sforzi saranno inutili. Ecco le migliori strategie (quindi da evitare come la peste) per mandare in fumo la tua content strategy. Niente brand Voglio mettere questo punto all’inizio. Perché è fondamentale – ripeto: fondamentale – pensare sempre al brand, dare importanza al tuo nome e cognome, al tuo logo, al nome del tuo progetto. L’assenza del brand su alcuni prodotti della tua content strategy può essere grave. Molto grave. Prendi come esempio le infografiche: hai speso molte risorse per creare un’infografica degna di tale nome. Che fai? Non metti il brand. Hai dimenticato di inserire il tuo nome e il tuo logo, magari anche l’URL del tuo blog. In uno scenario in cui le infografiche diventano uno strumento utile per far muovere il tuo nome online, l’assenza di questo dettaglio è insostenibile. Sul serio. Niente format Hai puntato sul video. Vuoi creare una rubrica dedicata a un argomento caro al tuo target e vuoi farti conoscere anche attraverso questo canale. Ottima idea, Youtube offre una piattaforma perfetta per caricare e diffondere video. Ma cosa vedo? Non hai un format, non hai un’idea, non hai uno schema nel quale inserire i tuoi contenuti....
by Riccardo Esposito | 5 Oct 2014 | Social Marketing |
Ci sono diversi tool che puoi utilizzare per svolgere la tua attività di blogger, SEO e social media. Ma chi lavora nel settore del web marketing usa sempre gli stessi strumenti: li consigliamo attraverso i tutorial, li tramandiamo a voce o via chat. L’esperienza personale conta, e consigliamo quasi sempre gli stessi ferri del mestiere. Ci sono delle attività che puoi svolgere solo con dei tool specifici, e altre che puoi portare a termine con degni e validi sostituti. Vuoi sapere quali? Vuoi dare corpo alla tua cartella dei preferiti? Voglio condividere la mia lista di tool alternativi con te: perché è giusto usare il meglio, ma è anche utile avere una “ruota di scorta” sempre a disposizione. 1. Hootsuite Lo strumento principe per chi deve lavorare con i social. Con Hootsuite puoi gestite, aggiornare e monitorare il tuo universo: difficile fare di meglio, sai? Eppure ci sono delle piattaforme che ti permettono di sostituire le grandi abilità di Hootsuite. La più importante ed efficiente è Buffer, un tool che riprende le principali funzioni di Hootsuite. La sua interfaccia è pulita, facile da usare, e si integra perfettamente con IFTTT. Inoltre puoi inserire un pulsante share sul blog e facilitare l’operazione di condivisione o programmazione direttamente dalle tue pagine. Buffer è un’ottima alternativa a Hootsuite, ma c’è anche TweetDeck da provare: questo tool, attenzione, è dedicato esclusivamente a Twitter. 2. Ubersuggest Ovvero uno dei tool più amati dai SEO. Con Ubersuggest puoi ottenere tutti i Google Suggest elencati in ordine alfabetico e definiti in base a diverse combinazioni di lettere. Un must che può essere sostituito da un altro tool simile: KeyWord Tool....