by Riccardo Esposito | 21 Nov 2014 | MediaBuzz Blog |
Il mondo si muove intorno alle informazioni. La connessione veloce è uno strumento in mano ai cittadini per ottenere un bene difficile da quantificare: l’accesso alla conoscenza, e in particolar modo alle informazioni. Un individuo informato è un individuo che conosce la realtà che lo circonda, che a chi rivolgersi per risolvere un problema e soprattutto che è consapevole della sua condizione politica, economica e sociale. Più connessione a internet, più informazione. In questo scenario i quotidiani online giocano un ruolo importante. Sono i quotidiani, infatti, a detenere i principali canali di comunicazione dato che hanno ereditato un’autorevolezza ampia. Un’autorevolezza guadagnata in anni e anni di attività offline. Qual è la realtà dei quotidiani online? Nonostante molti anni di attività, nella maggior parte dei casi, restano delle semplici traduzioni della versione cartacea sul digitale. La ricerca dell’Odg Toscana sul mondo del giornalismo digitale italiano parla di redazioni che considerano il digitale “più come uno strumento tecnico/tecnologico che come un nuovo modo di fare giornalismo”. Le redazioni che hanno vissuto la comunicazione cartacea fanno fatica a evolvere macchinose gerarchie verso le dinamiche digitali: basta dare uno sguardo ai principali quotidiani online per trovare una totale assenza del concetto di web 2.0. Qualche esempio? L’embedded viene completamente ignorato, così come quello di citazione della fonte: i video vengono scaricati da Youtube e caricati su una piattaforma proprietaria. Molti quotidiani rendono difficile la vita di chi vuole commentare inserendo dei moduli di iscrizione per chi vuole lasciare un contributo, ignorando qualsiasi logica che impone una semplificazione dei processi che portano alla condivisione e commento. Nuova linfa con il giornalismo online? Il web...
by Riccardo Esposito | 19 Nov 2014 | Strategie di Marketing |
In uno degli ultimi articoli ho citato Starbucks come esempio virtuoso di identità visual. E oggi ecco un nuovo spunto per parlare della storica coffee company di Seattle. Ecco, iniziamo da una domanda: cosa è Starbucks? Un bar? Una caffetteria? Un luogo di ristoro? Da sempre Starbucks ha legato il suo brand non solo a un concetto alimentare, ma a uno stile di vita. Proprio così: Starbucks non vende caffè ma uno status symbol. Camminare per strada con un bicchiere Starbucks è un po’ come indossare le cuffie della Apple, vuol dire gridare al mondo “ehi, io sono un cittadino del mondo e rinforzo il mio profilo cosmopolita bevendo frappuccino”. Ma Starbucks è anche luogo fisico. Un luogo dove puoi trascorrere ore insieme al tuo laptop: wi-fi gratis, bicchiere sempre pieno, comode poltrone. Puoi trascorri lunghe ore a scrivere, studiare, organizzare presentazioni. Starbucks come semplice passaggio? Anche luogo di vita, luogo pieno di esperienze e sentimenti, non solo stazione di attesa prima di prendere un treno o un aereo. Questo è il messaggio che ho letto nel nuovo capolavoro di storytelling firmato Starbucks. Parlo di un video caricato su Youtube (meetme.starbucks.com). Milioni di persone si incontrano da Starbucks, ma non solo per prendere il caffè: questo è il messaggio principale del video, questa è la sintesi. Come veicola questo messaggio? Attraverso delle storie. Storie individuali che appaiono nella timeline come delle curve, delle deviazioni. Il progetto è questo: lo scorrimento principale del video è orizzontale, preciso, diretto. Le deviazioni rappresentano le storie, gli episodi di vita che si intrecciano in qualche modo con Starbucks. Noi andiamo avanti Ma intorno a noi si muovono storie tristi e allegre: intorno a noi c’è...
by Danilo Polidori | 17 Nov 2014 | Eccellenze digitali Italiane |
Il web ha una caratteristica fondamentale: raccoglie una serie infinita di professionalità. C’è un approfondimento per ogni campo, c’è una specializzazione che permette al singolo professionista di essere adatto a un lavoro o a un altro. Per questo abbiamo intervistato diversi profili, diversi professionisti. C’è chi si occupa di SEO come Benedetto Motisi, c’è chi punta alla scrittura online come Alessandro Scuratti, c’è chi domina l’universo social come Rudy Bandiera. Ma la community chi la gestisce? Chi affronta orde di fan e follower inferocite? Gente coraggiosa come Giusy Congedo, community manager di professione. Leggiamo la sua intervista. Chi sei e di cosa ti occupi? Ciao a tutti 🙂 Sono Giusy Congedo, Community Manager e HootSuite Ambassador per l’Italia. Grazie alla mia professione, che si svolge per lo più sui social network, mi occupo di dare una voce social ai brand, cercando quotidianamente di rendere coinvolgente, utile e divertente la loro presenza sul web. C’è chi mi definisce “prezzemolina del web” perché sono spesso in rete (o live) per commentare o fare LT di eventi e/o corsi del settore. Come hai iniziato a lavorare nel SMM? Il mio è stato un percorso molto graduale e abbastanza guidato da scelte di formazione e dalla passione che nutro per le scienze sociali. Mi spiego: sono laureata in un corso di laurea specialistica di Scienze della Comunicazione e, dopo aver affrontato una parentesi nella pubblica amministrazione (per due anni ho lavorato a vari progetti di comunicazione in una realtà comunale che fa dell’informazione le sua fondamenta, l’Informagiovani di Genova), mi sono detta: “È ora di approfondire di più e di specializzarmi nel settore della...
by Riccardo Esposito | 14 Nov 2014 | Strategie di Marketing |
Oggi è importante per un’azienda fare storytelling perché (per fortuna) l’epoca dell’interruption marketing è finita. Basta pubblicità che interrompono i contenuti: ora la strada è spianata verso la narrazione, e le aziende capaci di creare branded content di qualità riusciranno a guadagnare l’attenzione del target. Per questo, ovviamente, c’è bisogno di un team capace di sviluppare un buon lavoro nel campo dello storytelling. Perché uno dei problemi principali di questo settore è l’apparente semplicità: fare storytelling vuol dire raccontare una storia. E tutti sanno raccontare una storia, giusto? No, non è esattamente così. Ci sono delle differenze notevoli, ma soprattutto c’è bisogno di una cura maniacale nei confronti di dettagli apparentemente superflui. Qualche esempio? Ecco 5 consigli per iniziare a fare storytelling: 1. Conoscenza del brand Impossibile fare storytelling se non c’è una rigorosa conoscenza del proprio brand, dei valori che attraversano l’azienda, delle azioni che svolge, degli obiettivi che vuole raggiungere. Nella narrazione, nel tradurre un messaggio in immagini, musiche e parole, non si segue un copione scritto da uno sconosciuto: si veicolano dei valori precisi. Si comunica al pubblico l’essenza del progetto, e più in generale dell’azienda. Quindi il primo passo per fare storytelling è questo: guardarsi in faccia, farsi delle domande precise. Chi siamo, dove stiamo andando, cosa vogliamo comunicare alle persone che ci ascoltano. E, soprattutto, quali sono i valori aziendali. 2. Attenzione all’attacco L’inizio di una storia non può essere sottotono. Anzi, deve essere avvincente e deve catturare subito l’attenzione del pubblico. Un’attenzione che, come ben sai, non è infinita: è un bene scarso e difficile da guadagnare. Per questo ogni storia di successo ha un obiettivo: catturare il...
by Riccardo Esposito | 11 Nov 2014 | Content Marketing |
Ok, ci sono diversi obiettivi. Quando decidi di aprire un blog personale o aziendale devi riflettere sulle necessità, sulle reali esigenze del tuo operato. Guai a basare tutto sui numeri: fare blogging vuol dire lavorare a 360 gradi, anche con elementi non registrabili immediatamente. Però alla fine c’è un numero che vince su tutti: le visite. Aumentare il numero delle visite non è indispensabile per ottenere successo (gli obiettivi non sono sempre legati a questo numero) ma c’è un fattore indiretto che incide: più visite vuol dire più possibilità di ottenere traffico targettizzato. Non serve avere traffico da fonti inutili: posso occuparmi di web marketing e pubblicare un articolo dedicato allo streaming per vedere la nazionale italiana. Risultato? Migliaia di visita. Ma quante targettizzate? Quante visite si trasformeranno in lettori abituali? Quante persone torneranno? Probabilmente zero. Questo è il problema delle visite non in linea con il proprio target. Nel frattempo però, questi articoli che mirano solo ad aumentare il numero di click rischiano di erodere la tua credibilità. I lettori fedeli, quelli che amano il tuo blog, abbandoneranno la scena. E tu rimarrai solo con visite sporadiche. Uno scenario apocalittico, vero? Questo è un buon motivo per ragionare bene sulle strategie necessarie per aumentare le visite del tuo blog. Anzi, mi correggo: per creare contenuti capaci di attirare nuove visite in target. Case study Una categoria di post che riesce a ottenere sempre un buon successo tra gli addetti ai lavori. I case study riescono a raggiungere buoni risultati perché, se confezionati a regola d’arte, rappresentano un’occasione di crescita per il lettore. Un buon case study, infatti, nasce da...
by Danilo Polidori | 10 Nov 2014 | Eccellenze digitali Italiane |
Il bello del web è questo: puoi crearti una competenza su misura. Puoi incastrare le abilità che ruotano intorno a un progetto web come meglio credi, e creare un profilo professionale capace di esporre il meglio di te. Perché un’anima tecnica non può convivere con quella creativa? Perché una persona specializzata nella creazione di siti web non può, ad esempio, occuparsi anche di comunicazione, infografiche e community management? La risposta la trovi nell’intervista a Maria Pia De Marzo, anima di Web In Fermento insieme a Dario Ciracì. Chi sei e di cosa ti occupi? Un caro saluto al lettore, mi presento. Sono Maria Pia De Marzo classe ’83 e i miei ambiti di specializzazione sono abbastanza trasversali per il web. Dentro di me vivono un’anima tecnica che si esprime nella realizzazione di siti web, attualmente sono molto concentrata sulla componente responsive, e nella realizzazione di infografiche in ogni salsa (statiche, dinamiche e in parallax). Ma c’è anche un’anima comunicativa e emozionale che si esprime nel community managment che porto avanti con molto coinvolgimento sia per clienti che per progetti personali. Come hai iniziato ad occuparti di queste attività? Per quanto riguarda la parte tecnica, posso dire che sono nata così? La passione smodata per la tecnologia ha preso piede durante il periodo adolescenziale quando il mio papà mi ha fatto appassionare ai programmi di grafica e ai computer in genere. Proprio in questo periodo sono riuscita a comprendere quale sarebbe stato l’obiettivo di lavoro: diventare “web master”. Questo obiettivo ha preso piede quando ho deciso di formarmi per farlo e, dopo gli studi universitari di informatica ed un master,...
by Riccardo Esposito | 6 Nov 2014 | Social Marketing |
Ho parlato dell’argomento visual storytelling, e ho individuato in questo settore una delle risorse fondamentali per il brand che vuole lavorare con il native advertising. Raccontare una storia è il modo migliore per coinvolgere l’utente, una strada che si allontana dalla pubblicità vista come interruzione. Ma l’importanza del visual non riguarda solo la narrazione di una storia: più in generale abbraccia la narrazione dell’intero brand. Un brand che si propone al pubblico attraverso una serie di canali più o meno diretti. Può usare una headline, può comunicare attraverso un pay off, ma può sfruttare anche la forza del visual. Anzi, deve sfruttare la forza del visual. E lo deve fare a 360 gradi: sulla carta stampata, sul sito web e sui social. Affrontiamo quest’ultimo argomento: vuoi costruire un’identità social forte e riconoscibile? Ti lascio una serie di consigli presi da questo articolo di Hubspot e dalla mia esperienza personale. Segui i colori del tuo brand Probabilmnete all’inizio della tua avventura c’è stata una riflessione relativa ai colori del tuo brand. Hai scelto una grafica, un tema, un’identità. Hai lavorato sul significato dei colori, hai fatto riferimento agli studi legati a questo settore e hai preso una decisione. Ora i colori ti accompagnano ovunque. Anche sui social. Copertina e avatar sono dei riferimenti chiari della tua identità visuale, ma cerchi di insinuare i tuoi colori aziendali ovunque. Su Twitter, ad esempio, puoi dare ai link lo stesso colore del tuo brand. Ecco un esempio preso da Facebook: Questo è un post preso dalla pagina Facebook di Intesa Sanpaolo. La grafica racchiude un messaggio istituzionale, ma il tono non è inamidato. Ma non solo: hanno trasformato una semplice informazione...
by Riccardo Esposito | 5 Nov 2014 | Social Marketing |
La condivisione di un post è la chiave per permettere ai tuoi contenuti di evolversi, di muoversi da un punto all’altro del web. Senza condivisione, oggi, il tuo blog è spacciato. Puoi scrivere ottimi articoli, ma le abitudini dei lettori sono cambiate: non basta farsi trovare sui motori di ricerca (anche se la maggior parte del traffico arriva da Google): devi avere un’ottima presenza sui social altrimenti rischi di scomparire. O, quantomeno, di non farti trovare dal tuo pubblico. Quindi devi condividere. Anzi, devi ottimizzare la condivisione dei tuoi contenuti sulle bacheche dei lettori. Per questo tutti consigliano di inserire gli share button, pulsanti che permettono di condividere gli articoli con un semplice click. Ma questa è la base, l’ABC. Per migliorare la condivisione dei tuoi articoli devi lavorare sui punti avanzati: 1. Traccia i click Hai deciso di ottimizzare la tua strategia di condivisione. Vuoi usare un’immagine piuttosto che un’altra, una frase al posto di un’altra, ma non sai quale. O meglio, non hai idea di quale sia la più efficace. Un’idea: inizia a tracciare i tuoi link. Google Analytics offre un programma ben articolato per mettere a punto questa strategia, in alternativa però puoi usare goo.gl. Questo programma di short url legato a Google ti permette non solo di accorciare i permalink, una soluzione perfetta per rendere più accattivati le URL disordinate, ma ti offre un pannello di controllo per ogni short URL dove puoi monitorare i click. Attenzione però: si tratta sempre di un servizio che aggira l’indirizzo della pagina web. Anche se è un servizio Google nessuno può darti al certezza che funzioni in eterno. Pochi...
by Danilo Polidori | 3 Nov 2014 | Eccellenze digitali Italiane |
Oggi tutti parlano di blogging, di social media. E tutti suggeriscono all’azienda di portare la propria voce online, di comunicare con il proprio pubblico e di convincere i potenziali acquirenti grazie alle tecnologie social. Un esempio? Facebook, Twitter, Google Plus e, soprattutto, il blog. Perfetto, questa è la strada da seguire. A patto che tutto sia seguito da una strategia. Questa è l’idea che condivide anche Francesco Russo (per gli amici Franz), blogger di lunga data ed esperto di web marketing e social media strategist. Ovvero uno che di comunicazione digitale se ne intende! Ecco perché lo abbiamo intervistato. Chi sei e di cosa ti occupi? Sono Franz Russo, mi occupo di consulenza web e di social media marketing. Nasco come blogger con In Time – Condivido per comunicare con cui racconto ciò che faccio e ciò che conosco, guardando e raccontando come la comunicazione digitale si sta evolvendo. Racconta la tua giornata lavorativa La creazione di contenuti occupa buona parte della mia giornata che inizia proprio con la consultazione di fonti e con la raccolta di tutto ciò che reputo interessante. Poi li seleziono e comincio con la creazione vera e propria dei contenuti per il mio blog e per i siti con cui collaboro. Ovviamente un’altra buona parte della giornata la dedico ai Social Media, sia come attività di diffusione dei contenuti ma anche come momento di confronto con le community e anche per mettere in pratica operazioni strategiche. Meglio Freelance o agenzia? Essere freelance offre molto più libertà di azione e quindi di poter in un certo senso scegliere come e con chi lavorare. Se si lavora con metodo e dedizione...
by Riccardo Esposito | 31 Oct 2014 | MediaBuzz Blog |
Un concetto chiave che ho definito in uno degli ultimi articoli dedicati al Digital Divide: in Italia non esiste solo un problema tecnico. C’è un ritardo per quanto concerne la banda larga di ultima generazione, ma l’ADSL base è presente quasi sul 100% del territorio nazionale. Il problema, però, è soprattutto culturale. Se il 34% della popolazione nazionale non ha mai utilizzato internet, se il 50% delle famiglie italiane paga una connessione ADSL contro l’83% del Regno Unito, la colpa non è delle disponibilità economiche (le tariffe per una connessione flat a Internet sono accessibili). In Italia manca una vera e propria cultura digitale, manca una spinta alla conversione delle azioni quotidiane: manca soprattutto una scuola che sappia infondere alle nuove generazioni l’importanza delle nuove tecnologie. Tecnologie che non devono essere usate solo per impegnare i pomeriggi con giochi e chat. Il presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, è stato chiaro: durante il suo discorso agli studenti – pubblicato guarda caso su Youtube – il presidente ha tracciato un percorso: non fatevi ingabbiare dalle tecnologie, non limitatevi ad acquistate telefonini e app. Imparate a programmare, creare, riprodurre. Governate la tecnologia, non lasciate che vi governi. Un discorso del genere in America ha senso perché l’istruzione è legata alla cultura digitale: la stessa cosa si può dire per l’Italia? No. L’Italia anche in questo caso è il fanalino di coda dell’Europa. Anche se la cultura digitale nelle scuole dovrebbe essere l’investimento chiave per costruire una società all’avanguardia, ma soprattutto una società a proprio agio con quelli che saranno i mezzi che determineranno lo stacco tra chi possiede o meno gli strumenti per...