Come creare un contenuto che porti traffico

Come creare un contenuto che porti traffico

Ok, ci sono diversi obiettivi. Quando decidi di aprire un blog personale o aziendale devi riflettere sulle necessità, sulle reali esigenze del tuo operato. Guai a basare tutto sui numeri: fare blogging vuol dire lavorare a 360 gradi, anche con elementi non registrabili immediatamente. Però alla fine c’è un numero che vince su tutti: le visite. Aumentare il numero delle visite non è indispensabile per ottenere successo (gli obiettivi non sono sempre legati a questo numero) ma c’è un fattore indiretto che incide: più visite vuol dire più possibilità di ottenere traffico targettizzato. Non serve avere traffico da fonti inutili: posso occuparmi di web marketing e pubblicare un articolo dedicato allo streaming per vedere la nazionale italiana. Risultato? Migliaia di visita. Ma quante targettizzate? Quante visite si trasformeranno in lettori abituali? Quante persone torneranno? Probabilmente zero. Questo è il problema delle visite non in linea con il proprio target. Nel frattempo però, questi articoli che mirano solo ad aumentare il numero di click rischiano di erodere la tua credibilità. I lettori fedeli, quelli che amano il tuo blog, abbandoneranno la scena. E tu rimarrai solo con visite sporadiche. Uno scenario apocalittico, vero? Questo è un buon motivo per ragionare bene sulle strategie necessarie per aumentare le visite del tuo blog. Anzi, mi correggo: per creare contenuti capaci di attirare nuove visite in target. Case study Una categoria di post che riesce a ottenere sempre un buon successo tra gli addetti ai lavori. I case study riescono a raggiungere buoni risultati perché, se confezionati a regola d’arte, rappresentano un’occasione di crescita per il lettore. Un buon case study, infatti, nasce da...
Branded Content: non solo pubblicità

Branded Content: non solo pubblicità

C’è un problema sostanziale nel lavoro che molte aziende fanno con il branded content: valutano questa occasione, questa nuova frontiera della comunicazione, come una semplice opera pubblicitaria. Pensano di sfruttare questi contenuti come comunicati stampa, o forse come article marketing. In realtà il branded content deve seguire una regola semplice. Semplicissima. Ma al tempo stesso […]

C’è un problema sostanziale nel lavoro che molte aziende fanno con il branded content: valutano questa occasione, questa nuova frontiera della comunicazione, come una semplice opera pubblicitaria. Pensano di sfruttare questi contenuti come comunicati stampa, o forse come article marketing. In realtà il branded content deve seguire una regola semplice. Semplicissima. Ma al tempo stesso articolata per chi non vuole abbandonare una logica vecchio stampo: branded content non vuol dire pubblicità. Basta interruzioni pubblicitarie Tu paghi per pubblicare un contenuto, ma in realtà non pubblicizzi un bene o un servizio, e non entri in casa delle persone (in questo caso nel feed o sulle bacheche Facebook) per dire “Compra questo prodotto”. Leggi le parole di Jon Steinberg, presidente di Buzzfeed, uno dei portali più famosi nel settore di branded content: We would never run a piece of advertising like, ” Buy this stuff now for $ 9. ” We do not do what I call ” shouts in a vacuum . ” It has to be about a message . There Has to be reciprocity. The brand Has to give some content or something of interest in exchange for a little bit of attention. Chiaro? Non troverai mai sul sito qualcosa che somigli alla vecchia pubblicità. C’è bisogno di reciprocità, di scambio equo: vuoi l’attenzione del lettore, del potenziale cliente? Perfetto, devi dare qualcosa. Devi dare un contenuto che possa attirare l’attenzione. La linea di Buzzfeed: storytelling D’altro canto Buzzfeed è una delle realtà più lungimiranti nel settore del branded content, tanto da iniziare il Social Storytelling Creator Program. Ovvero un programma per formare le agenzie che vogliono collaborare con...
Come rovinare in un attimo la tua content strategy

Come rovinare in un attimo la tua content strategy

Hai creato una strategia dedicata ai contenuti. Hai pubblicato un blog, hai creato articoli capaci di attirare l’attenzione del lettore, hai impiegato le tue forze per pubblicare delle infografiche e dei video. Adesso devi solo aspettare i frutti. Frutti che non arrivano. Non arrivano perché hai lavorato male? I contenuti sono scadenti? No, forse c’è […]

Hai creato una strategia dedicata ai contenuti. Hai pubblicato un blog, hai creato articoli capaci di attirare l’attenzione del lettore, hai impiegato le tue forze per pubblicare delle infografiche e dei video. Adesso devi solo aspettare i frutti. Frutti che non arrivano. Non arrivano perché hai lavorato male? I contenuti sono scadenti? No, forse c’è una gestione poco attenta del lavoro. Per ottenere il massimo dai tuoi contenuti devi lavorare sodo prima, durante e dopo la creazione. Altrimenti i tuoi sforzi saranno inutili. Ecco le migliori strategie (quindi da evitare come la peste) per mandare in fumo la tua content strategy. Niente brand Voglio mettere questo punto all’inizio. Perché è fondamentale – ripeto: fondamentale – pensare sempre al brand, dare importanza al tuo nome e cognome, al tuo logo, al nome del tuo progetto. L’assenza del brand su alcuni prodotti della tua content strategy può essere grave. Molto grave. Prendi come esempio le infografiche: hai speso molte risorse per creare un’infografica degna di tale nome. Che fai? Non metti il brand. Hai dimenticato di inserire il tuo nome e il tuo logo, magari anche l’URL del tuo blog. In uno scenario in cui le infografiche diventano uno strumento utile per far muovere il tuo nome online, l’assenza di questo dettaglio è insostenibile. Sul serio. Niente format Hai puntato sul video. Vuoi creare una rubrica dedicata a un argomento caro al tuo target e vuoi farti conoscere anche attraverso questo canale. Ottima idea, Youtube offre una piattaforma perfetta per caricare e diffondere video. Ma cosa vedo? Non hai un format, non hai un’idea, non hai uno schema nel quale inserire i tuoi contenuti....
5 fonti alternative per i tuoi post

5 fonti alternative per i tuoi post

Uno dei principali problemi di ogni blogger che si rispetti? Trovare e organizzare nuove fonti. Fonti che sono importanti per la tua attività online. Attraverso le fonti, infatti, puoi mantenere il contatto con il tuo universo professionale, puoi trovare nuove idee (attenzione, non copiare) e puoi lavorare sul target: seguire le fonti è una componente […]

Uno dei principali problemi di ogni blogger che si rispetti? Trovare e organizzare nuove fonti. Fonti che sono importanti per la tua attività online. Attraverso le fonti, infatti, puoi mantenere il contatto con il tuo universo professionale, puoi trovare nuove idee (attenzione, non copiare) e puoi lavorare sul target: seguire le fonti è una componente fondamentale per scoprire i gusti del tuo pubblico. In primo luogo perché metti a fuoco gli argomenti affrontati dai tuoi colleghi, ma soprattutto perché puoi seguire le discussioni e le opinioni lasciate nei commenti. Ovvero espressione diretta dei tuoi potenziali lettori. Seguire le fonti è indispensabile, così come è indispensabile scoprire sempre indirizzi nuovi (che ovviamente devi valutare con cura). Vuoi sapere come faccio? Feedly Un feed render che ti aiuta a scoprire nuovi blog: ecco cosa è Feedly. Nella Home Page ti aspetta una classifica di blog e riviste online divisa per argomenti, e appena inserisci un indirizzo da archiviare Feedly si mette in moto. Ti suggerisce, in alto a destra, nuovi blog del settore. Ovviamente questa è solo la funzione accessoria di un feed render che mette ordine tra i tuoi aggiornamenti grazie a un articolato sistema di tag e cartelle. Scoop.it Questa piattaforma ti permette di selezionare e ripubblicare articoli scoperti in rete. È il principale strumento per fare content curation: crei una pagina dedicata a un argomento e la arricchisci con i contenuti più interessanti. Il mio consiglio: fai una ricerca e trova tutte le pagine su Scoop.it dedicate all’argomento. In questo modo puoi avere una selezione a monte, e sfogliare link già scelti da esperti del settore. Un consiglio: devi seguire solo...
Perché passare alla native advertising?

Perché passare alla native advertising?

Ormai è chiaro: su questo blog parliamo di Native Advertising. Cerchiamo di dare un quadro esaustivo dell’argomenti, di spiegare come questa forma di contenuti sponsorizzati siano ormai una realtà funzionale nel percorso editoriale. I classici banner nella sidebar, nell’area dedicata alle pubblicità, vengono ignorati. I contenuti di qualità, invece, vengono premiati. A patto che riescano […]

Ormai è chiaro: su questo blog parliamo di Native Advertising. Cerchiamo di dare un quadro esaustivo dell’argomenti, di spiegare come questa forma di contenuti sponsorizzati siano ormai una realtà funzionale nel percorso editoriale. I classici banner nella sidebar, nell’area dedicata alle pubblicità, vengono ignorati. I contenuti di qualità, invece, vengono premiati. A patto che riescano a farsi notare dal lettore esigente: proporre un contenuto mediocre è una pessima idea, e il rischio di essere ignorati e triplo nel caso dei contenuti sponsorizzati. Detto in altre parole: la native advertising deve essere in target, deve avere una chiara identificazione e deve essere qualitativamente ineccepibile. Queste sono le condizioni indispensabili per ottenere buoni risultati con la native advertising, ma sai quali sono i motivi che spingono i brand a contattare i grandi media per lavorare in questo campo. La risposta si trova in questa infografica di contently.com: i motivi che spingono marketer e brand a scegliere la native advertising al posto di altre forme di pubblicità si dividono in 5 punti fondamentali. Il 67% degli intervistati non ha dubbi: sceglie la native advertising per raggiungere il proprio target con un messaggio adeguato, rilevante, degno di nota. All’interno di un progetto editoriale già avviato, questa forma di pubblicità si sviluppa in autonomia pur rimanendo significativa per il target di riferimento. Basta banner slavati e decontestualizzati!   Con una percentuale del 63% si posiziona il secondo motivo per scegliere la native advertising: per aumentare l’engagement del consumatore. Ovvero per coinvolgere e chiamare in causa le persone a cui è diretto il messaggio. Anzi, le persone che dovrebbero acquistare il bene o il servizio pubblicizzato....
Sponsored content: come guadagnare credibilità

Sponsored content: come guadagnare credibilità

La pubblicazione di contenuti sponsorizzati, nell’universo della native advertising, lascia ancora grandi interrogativi. Uno su tutti: come si guadagna credibilità in questo campo? Più volte abbiamo indicato questi contenuti come perfettamente in linea con le esigenze del lettore una volta rispettate le norme della chiarezza del brand e dell’utilità del contenuto. Eppure ci sono ancora incertezze. […]

La pubblicazione di contenuti sponsorizzati, nell’universo della native advertising, lascia ancora grandi interrogativi. Uno su tutti: come si guadagna credibilità in questo campo? Più volte abbiamo indicato questi contenuti come perfettamente in linea con le esigenze del lettore una volta rispettate le norme della chiarezza del brand e dell’utilità del contenuto. Eppure ci sono ancora incertezze. Non solo: ci sono anche punti fermi in questo mondo. Uno, ad esempio, riguarda le continue difficoltà riscontrate in un sistema pubblicitario basato solo sui banner. Difficile catturare l’attenzione di buon pubblico sempre più abituato alla presenza dei banner, e sempre più bravo a evitarli. Relegare la tua presenza sponsorizzata alla sidebar è poco producente: meglio farsi riconoscere come autore di articoli utili. La strada dei contenuti sponsorizzati si fa, di conseguenza, sempre più necessaria. Al tempo stesso, diventa utile un’operazione di credibilità capace di rafforzare le pubblicazioni sponsorizzate agli occhi dei lettori. Sta diventando un problema, vero? Niente paura: ho preso qualche consiglio da questo post di contently che puoi facilmente adattare al tuo modello. Non risparmiare in chiarezza Lo sai, apparire come contenuto sponsorizzato in home page può diminuire il click trought rate e le persone possono passare oltre.  Ma questo non conta: devi pensare sempre alla chiarezza. Quindi devi dire esattamente quello che il lettore andrà a cliccare e a leggere: niente trucchi e niente inganni. Solo trasparenza. Lavora con pubblicità e messaggi eticamente corretti. Non è una questione di buonismo ma di come puoi ottenere dei vantaggi di immagine attraverso la pubblicità. Mantieni alto lo standard I tuoi contenuti sponsorizzati devono seguire la strada dell’eccellenza. Per quanto possa essere scritto da un brand, un articolo...