Il giornalismo italiano è pronto al digitale?

Il giornalismo italiano è pronto al digitale?

Il mondo si muove intorno alle informazioni. La connessione veloce è uno strumento in mano ai cittadini per ottenere un bene difficile da quantificare: l’accesso alla conoscenza, e in particolar modo alle informazioni. Un individuo informato è un individuo che conosce la realtà che lo circonda, che a chi rivolgersi per risolvere un problema e soprattutto che è consapevole della sua condizione politica, economica e sociale. Più connessione a internet, più informazione. In questo scenario i quotidiani online giocano un ruolo importante. Sono i quotidiani, infatti, a detenere i principali canali di comunicazione dato che hanno ereditato un’autorevolezza ampia. Un’autorevolezza guadagnata in anni e anni di attività offline. Qual è la realtà dei quotidiani online? Nonostante molti anni di attività, nella maggior parte dei casi, restano delle semplici traduzioni della versione cartacea sul digitale. La ricerca dell’Odg Toscana sul mondo del giornalismo digitale italiano parla di redazioni che considerano il digitale “più come uno strumento tecnico/tecnologico che come un nuovo modo di fare giornalismo”. Le redazioni che hanno vissuto la comunicazione cartacea fanno fatica a evolvere macchinose gerarchie verso le dinamiche digitali: basta dare uno sguardo ai principali quotidiani online per trovare una totale assenza del concetto di web 2.0. Qualche esempio? L’embedded viene completamente ignorato, così come quello di citazione della fonte: i video vengono scaricati da Youtube e caricati su una piattaforma proprietaria. Molti quotidiani rendono difficile la vita di chi vuole commentare inserendo dei moduli di iscrizione per chi vuole lasciare un contributo, ignorando qualsiasi logica che impone una semplificazione dei processi che portano alla condivisione e commento. Nuova linfa con il giornalismo online? Il web...
Scuola e cultura digitale: dove stiamo andando?

Scuola e cultura digitale: dove stiamo andando?

Un concetto chiave che ho definito in uno degli ultimi articoli dedicati al Digital Divide: in Italia non esiste solo un problema tecnico. C’è un ritardo per quanto concerne la banda larga di ultima generazione, ma l’ADSL base è presente quasi sul 100% del territorio nazionale.   Il problema, però, è soprattutto culturale. Se il […]

Un concetto chiave che ho definito in uno degli ultimi articoli dedicati al Digital Divide: in Italia non esiste solo un problema tecnico. C’è un ritardo per quanto concerne la banda larga di ultima generazione, ma l’ADSL base è presente quasi sul 100% del territorio nazionale.   Il problema, però, è soprattutto culturale. Se il 34% della popolazione nazionale non ha mai utilizzato internet, se il 50% delle famiglie italiane paga una connessione ADSL contro l’83% del Regno Unito, la colpa non è delle disponibilità economiche (le tariffe per una connessione flat a Internet sono accessibili). In Italia manca una vera e propria cultura digitale, manca una spinta alla conversione delle azioni quotidiane: manca soprattutto una scuola che sappia infondere alle nuove generazioni l’importanza delle nuove tecnologie. Tecnologie che non devono essere usate solo per impegnare i pomeriggi con giochi e chat. Il presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, è stato chiaro: durante il suo discorso agli studenti – pubblicato guarda caso su Youtube – il presidente ha tracciato un percorso: non fatevi ingabbiare dalle tecnologie, non limitatevi ad acquistate telefonini e app. Imparate a programmare, creare, riprodurre. Governate la tecnologia, non lasciate che vi governi. Un discorso del genere in America ha senso perché l’istruzione è legata alla cultura digitale: la stessa cosa si può dire per l’Italia? No. L’Italia anche in questo caso è il fanalino di coda dell’Europa. Anche se la cultura digitale nelle scuole dovrebbe essere l’investimento chiave per costruire una società all’avanguardia, ma soprattutto una società a proprio agio con quelli che saranno i mezzi che determineranno lo stacco tra chi possiede o meno gli strumenti per...
Il digital divide passa dalla banda larga

Il digital divide passa dalla banda larga

Siamo abituati a legare il concetto di digital divide a luoghi lontani dal centro del potere: il digitale definisce l’economia, la nuova economia, ma anche il flusso di informazione. C’è chi ha le notizie giuste per affrontare il mondo contemporaneo – per decifrare l’economia, la società – e chi no. La possibilità di accedere a […]

Siamo abituati a legare il concetto di digital divide a luoghi lontani dal centro del potere: il digitale definisce l’economia, la nuova economia, ma anche il flusso di informazione. C’è chi ha le notizie giuste per affrontare il mondo contemporaneo – per decifrare l’economia, la società – e chi no. La possibilità di accedere a queste informazioni definisce la qualità della vita di un popolo: il passaggio di informazione è potere, un potere sempre più incisivo. Quindi il digital divide come qualcosa legato a luoghi e popoli diversi. Bene questa idea è deformata (guarda caso) da una conoscenza errata, distorta della reale condizione della banda larga in Italia. Ovvero di quella tecnologia che permette di caricare e scaricare informazioni via Internet in tempi rapidi. Un tempo c’era il modem a 56k ed era difficile lavorare: oggi l’ADSL, che viaggia sempre attraverso il doppino telefonico ma  permette di ridurre i tempi in modo drastico. Il problema è che in Italia la diffusione (non solo tecnologica) della banda larga è ancora in estremo ritardo. Un po’ di chiarezza Cosa intendiamo esattamente per banda larga? Secondo Wikipedia, vengono etichettate in tal modo connessioni a velocità anche molto diverse (2Mbit/s, 4 Mbit/s, 8Mbit/s), ma di solito tutte sopra il Mbit/s. Ancora una precisazione: Il Telecommunication Standardization Sector dell’ITU ha definito la banda larga come una capacità trasmissiva maggiore del primary rate ISDN, cioè 1.5 (negli USA) o 2 Mbit/s in Europa L’Europa si dirige velocemente verso una banda larga di seconda generazione, ma l’Italia rimane fanalino di coda. I dati sono poco rassicuranti: solo il 18% degli abbonati italiani può usufruire di una connessione di...
8 dettagli di Twitter che forse non conosci

8 dettagli di Twitter che forse non conosci

Che sarà mai Twitter? Un social network basato su una manciata di caratteri e con due o tre comandi non può essere difficile da utilizzare. E magari da spingere al massimo per creare interazioni virtuose. Così pensi anche tu? Mi dispiace, stai sbagliando. E stai sbagliando anche alla grande. Le realtà apparentemente semplici, nella maggior […]

Che sarà mai Twitter? Un social network basato su una manciata di caratteri e con due o tre comandi non può essere difficile da utilizzare. E magari da spingere al massimo per creare interazioni virtuose. Così pensi anche tu? Mi dispiace, stai sbagliando. E stai sbagliando anche alla grande. Le realtà apparentemente semplici, nella maggior parte dei casi, nascondono una miriade di dettagli che devi conoscere per sfruttarle al massimo. Questo vale anche per Twitter, sai? 1. La ricerca avanzata Quando cerchi qualcosa su Twitter puoi sfruttare la ricerca interna, una ricerca che offre una versione avanzata per definire con maggior precisione i risultati. Questa ricerca avanzata si basa su una serie di operatori (simili a quelli di Google) che possono essere applicati anche alla ricerca base grazie alle giuste combinazioni. 2. Widget speciali Molti usano i widget ufficiali di Twitter per mostrare i propri messaggi sul blog o sul sito web. La classica cronologia, ecco, ed è un’ottima soluzione. Non tutti sanno, però, che Twitter propone anche altri widget: tra questi ci sono i moduli per mostrare i preferiti, un determinato hashtag (perfetto per gli eventi live), una lista, una ricerca, una cronologia personalizzata. Ti piacciono? Li puoi attivare e modificare da questa pagina. 3. Non solo retweet Di solito usiamo Twitter per creare conversazione, ma soprattutto per spingere i nostri contenuti. Ci sono diversi pulsanti (con o senza counter) per condividere un post su Twitter. Il migliore, almeno in termini di usabilità ed efficacia, è sicuramente quello ufficiale che puoi scaricare da questa risorsa. Sorpresa: non c’è solo il pulsante retweet. Twitter mette a disposizione anche pulsanti...
7 modi per sfruttare le immagini su Facebook

7 modi per sfruttare le immagini su Facebook

L’importanza delle immagini nel social media marketing è ormai cosa nota. In un web sempre più congestionato e gonfio di informazioni tu devi attirare l’attenzione del follower o del fan. Delle persone. Come? Con Le immagini, mi sembra ovvio. Beh, ovvio è una parola grossa. Non ci sono solo le immagini, la faretra del social […]

L’importanza delle immagini nel social media marketing è ormai cosa nota. In un web sempre più congestionato e gonfio di informazioni tu devi attirare l’attenzione del follower o del fan. Delle persone. Come? Con Le immagini, mi sembra ovvio. Beh, ovvio è una parola grossa. Non ci sono solo le immagini, la faretra del social media marketer è piena di frecce (vuoi forse sminuire l’importanza della scrittura?) ma è un dato acquisito che le immagini fanno bene ai social. Fanno bene a Twitter, a Google Plus e a Facebook. Soprattutto a Facebook. Lasciare solo questa informazione però vuol dire abbandonare i contenuti al proprio destino. Vuol dire improvvisare. Basta pubblicare un’immagine accattivante (magari un gattino) per trovare il Santo Graal del visual content? Non è così. Le immagini possono essere usate in mille modi diversi su Facebook. Ecco la prova tangibile. 1. Sfruttare gli stereotipi Se ti rivolgi a una categoria di professionisti o a un target con un buon senso dell’umorismo (non sempre è presente questo dettaglio, eh) puoi utilizzare le immagini per fare leva sugli stereotipi, su elementi divertenti che fanno parte dell’esistenza del target stesso. I meme sono perfetti. Attraverso immagini codificate e condivise da un pubblico più o meno ampio puoi far leva sull’ironia e trasformare un’immagine in qualcosa di piacevole da condividere. Per creare il tuo meme ci sono diversi strumenti online: io preferisco Meme Generator, legato a un ottimo catalogo. 2. Coinvolgere il pubblico Un trucco che uso spesso. Se lavori con un bene è molto semplice: basta mettere due oggetti a confronto e chiedere ai fan di scegliere. Magari con una motivazione. L’oggetto...
Gestire una pagina Facebook: gli errori più insidiosi

Gestire una pagina Facebook: gli errori più insidiosi

Ormai le pagine Facebook rappresentano una chiave indispensabile in una strategia di Web Marketing. Aziende e liberi professionisti, piccole e medie realtà, grandi imprese: tutti fanno leva sulle Facebook Fan Page. E i risultati? Dipende dai momenti, ma spesso sono completamente assenti. La verità? C’è molta improvvisazione, ci sono persone che non hanno pietà per […]

Ormai le pagine Facebook rappresentano una chiave indispensabile in una strategia di Web Marketing. Aziende e liberi professionisti, piccole e medie realtà, grandi imprese: tutti fanno leva sulle Facebook Fan Page. E i risultati? Dipende dai momenti, ma spesso sono completamente assenti. La verità? C’è molta improvvisazione, ci sono persone che non hanno pietà per la propria immagine online e affidano la gestione dei social a chi, in realtà, non conosce i social. Lasciano le pagine a chi non conosce le tecniche del community manager e non ha la minima idea delle fatiche di chi si occupa di social media marketing. Magari le lasciano nelle mani “sapienti” del famoso nipote tuttofare. Risultato? Piccoli e grandi sviste, a volta veri e propri epic fail. Eppure basta poco per evitare una figuraccia: a volte devi solo riguardare quello che hai creato, ma ci sono degli errori veramente insidiosi. Ecco quelli che conosco e che ho imparato a evitare. Pensa sempre al doppio senso Sai qual è il territorio fertile per l’epic fail? Il doppio senso. Ovvero quello processo mentale che porta le persone ad attribuire un significato al tuo messaggio diverso da quello che avevi in mente. Quanti tipi di doppio senso esistono? Principalmente due: le immagini e il testo. Con il video è più difficile cadere in questo turbine perché dà un ventaglio di informazioni più ampio e permette di chiarire il tuo significato prima che scatti il meccanismo. Testo e immagini, invece, sono dei canali perfetti per far passere un doppio senso. Il web è pieno di frasi interpretate in modo diverso e di immagini dalla duplice lettura. Per evitare questo problema...